domenica 15 maggio 2016

FESTA DEI CERI DI GUBBIO 2016




RITORNO DEI CERI IN CITTA'   01/05/2016







                                             STORIA



Parlare della storia della Festa dei Ceri non è facile. È tra le più antiche, se non in assoluto la più remota, manifestazione folcloristica italiana.
La Festa ebbe ed ha tuttora un ruolo fondamentale per la comunità eugubina. Lasciamo il compito agli studiosi di approfondire la ricerca sulle origini e sui significati della festa.
Sono due le ipotesi essenziali sulla sua nascita: una religiosa e l'altra pagana.
La prima ipotesi, largamente documentata, presenta la Festa come solenne atto ispirato a devozione degli eugubini al loro Vescovo Ubaldo Baldassini, dal maggio 1160, anno della sua morte.
   
Da allora, ogni 15 maggio, giorno della vigilia del lutto, l'offerta devozionale al Santo Patrono divenne un appuntamento fisso per il popolo eugubino, che avrebbe partecipato, in mistica processione, ad una grande "Luminaria" di candelotti di cera, percorrendo le vie della città fino al Monte Ingino (dove dall'11 settembre 1194 riposa il corpo di S. Ubaldo nell'omonima Basilica).
   
I candelotti di cera, offerti dalle corporazioni di Arti e Mestieri, probabilmente divennero nel tempo tanto consistenti da renderne difficoltoso il trasporto e furono sostituiti verso la fine del '500 con tre strutture di legno, agili e moderne, che - più volte ricostruite - sono, nella loro forma originaria, arrivate fino ai nostri giorni. Sono rimasti invariati nel tempo anche la data e quasi la totalità del percorso della festa.
   
La seconda ipotesi, poco documentata, propende per la rievocazione antichissima della festa pagana in onore di Cerere, dea delle messi, arrivando a noi attraverso le glorie comunali e le signorie rinascimentali, il dominio pontificio e le lotte risorgimentali.

   
Sono tre strutture di legno, formate da due prismi ottagonali sovrapposti e rinforzati da un telaio interno anch'esso di legno e attraversati da un asse. Questo fuoriesce all'esterno con due "timicchioni". Quello in basso s'incastra su un supporto chiamato "barella" che ne consente il trasporto a spalla. Quello in alto permette di fissare sulle sommità tre piccole Statue che rappresentano i Santi Protettori delle Corporazioni: S. Ubaldo (patrono e protettore della città) per i muratori, S. Giorgio per i commercianti e S. Antonio per i contadini. Queste tre parti vengono assemblate insieme in occasione della Festa del 15 maggio.
    
Durante l'anno Ceri e barelle sono custoditi nella Basilica di Sant'Ubaldo in cima al monte Ingino, mentre le statuette dei Santi sono conservate nella Chiesetta di S. Francesco della Pace detta "dei Muratori" in Via Savelli.
  
Non ci sono documenti iconografici dei Ceri anteriori all'Ottocento, ma già allora avevano forme simili a quelle attuali. La parte visibile del Cero è costituita da tavolette in abete, fissate su una struttura centrale di olmo, mentre altre parti sono in faggio e in quercia. Ogni Cero ha una forma che si potrebbe definire a clessidra, con una strozzatura centrale e tre anelli o panottoli trasversali.
Altri elementi del Cero sono le "manicchie", stanghe di legno posizionate in coppia ai lati.

I Ceri vengono decorati la sera prima della Festa con bandierine dorate a coda di rondine nella parte superiore e nappe anch'esse dorate, nella parte inferiore, staccate dai ceraioli la mattina dell'alzata del 15 maggio e conservate come ricordo.
   
Le "barelle" che sorreggono il Cero e ne consentono il trasporto a spalla durante la corsa, sono a forma di "H" maiuscola, costituite da due stanghe di legno parallele unite tra loro da un tavolone sempre di legno detto "barelone" su cui si incastra il Cero. Le parti libere della stanga sono chiamate anch'esse "manicchie", termine usato oggi anche per indicare i gruppi di ceraioli che si alternano sotto il Cero, scelti tra amici e parenti dalle varie zone in cui è suddiviso il territorio dei ceraioli.



Figure della corsa

    
I protagonisti della Festa sono i ceraioli e ceraiolo può essere ogni cittadino di Gubbio di nascita o di diritto diventato.
 
Per un eugubino, nella propria vita, è molto importante portare il Cero, un motivo d'orgoglio. L'appartenenza al Cero era in origine legata al tipo di mestiere e si tramandava di padre in figlio.               

Oggi la scelta del Cero è libera ma in realtà molto condizionata dalle tradizioni di famiglia, specialmente di quelle paterne sui figli maschi, futuri ceraioli.
  
Le donne, pur avendo compiti d'incitamento e di tifoseria accanita non prendono il Cero.
   
Quanti siano i ceraioli in ogni corsa è difficile dirlo, perché, oltre agli schemi tattici e alle tradizioni dei "casati" ceraioli, molto è legato all'improvvisazione e alle necessità della corsa.




                                    LA CORSA


18.00: Dopo la benedizione del Vescovo inizia la tanto attesa corsa, fremente, impetuosa, drammatica come poche al mondo.

Ceraioli e popolo sono tutt'uno nell'esaltazione di quei primi momenti in cui Capitani, Alfiere e Trombettiere a cavallo precedono al galoppo i Ceri.
I Capitani dell'anno precedente danno il "via". La folla esulta, irrompe in un grido corale, compatto, "Via ch'eccoli".
Si apre la marea colorata come per incanto per consentire il passaggio dei Ceri in corsa, ben piantati sulle robuste spalle dei ceraioli.
La corsa si snoda per le strette vie medievali, i Ceri oscillano paurosamente, sfiorando e spesso toccando mura e finestre. Con grande abilità e anni di esperienza i ceraioli si danno il cambio in corsa; riescono a prevenire incidenti gravi, pur scivolando e spesso cadendo soprattutto in caso di pioggia.
È una prova di grande forza e abilità quella di far correre il Cero il più possibile in verticale evitando "cadute" e "pendute".
Questa è la vittoria, tenendo conto che non esiste il sorpasso e che i Ceri arrivano in cima al monte nello stesso ordine con cui sono partiti: Sant'Ubaldo, San Giorgio e Sant'Antonio.
Il percorso che coprono i Ceri in corsa è di circa 4 chilometri e 300 metri, partendo dall'Alzatella fino alla Basilica in cima al Monte.
I° TRATTO: è un tratto difficile e pericoloso, quasi tutto in discesa, affidato ai ceraioli più esperti. I Ceri scendono impetuosamente per Via Via Dante (o Calata dei Neri), Corso Garibaldi, Via Cairoli in fondo alla quale sostano per 15 minuti.
II° TRATTO: i Ceri ripartono lungo la discesa di Via Mazzatinti (o Calata dei Ferranti), poi proseguono in pianura per Piazza 40 Martiri, da lì verso il quartiere di San Martino, da cui risalgono per Via dei Consoli fino all'imbocco di Piazza Grande dove si fermano per circa 15 minuti.
III° TRATTO: dopo che il Primo Capitano ha riconsegnato le chiavi della città al Sindaco, questi affacciato alla finestra della Sala Consiliare, sventolando un fazzoletto bianco, dà ordine ai Campanari di cominciare a suonare e al Secondo Capitano di riprendere la corsa.
Inizia vorticosamente tra urla di incitamento e di gioia in mezzo ad una folla assiepata all'inverosimile, con le "tre birate" o "girate", ossia con tre giri simili a quelli della mattina, intorno al pennone.
La corsa prosegue poi per Via XX Settembre, prima di affrontare la durissima salita del Primo e Secondo Buchetto, strade incassate tra mura e tanto strette da non consentire nemmeno l'utilizzo dei braccieri.
Giunti in prossimità della Porta di Sant'Ubaldo i Ceri vengono appoggiati a terra per circa mezz'ora prima di attraversare la Porta stessa in posizione orizzontale dato l'angusto passaggio.
IV° TRATTO: l'ultimo tratto della corsa si snoda interamente sulle strade sterrate del Monte. In una manciata di dieci minuti viene coperto di corsa, anche qui Ceri in spalla, un chilometro e mezzo circa di salita, formata da nove stradoni e otto tornanti, con una pendenza media del 15% circa.
Qui la corsa raggiunge il culmine, incentrata sui tempi di percorrenza e sul distacco che un Cero riesce a dare all'altro, cercando di evitare nel contempo sbilanciamenti o, peggio, cadute rovinose.
Lo sforzo dei ceraioli, ansanti e affannati, è al limite delle possibilità fisiche, ma l'esaltazione della festa sembra dar loro un vigore incredibile, sostenuti anche dalle grida di incitamento della folla lungo tutti i stradoni.
ARRIVO: con un'ultima impennata i Ceri arrivano ai piedi della gradinata della Basilica di Sant'Ubaldo e qui la corsa si conclude con l'"abbassata" per entrare nel portale, la salita della scalea e la chiusura del portone in cima. L'Abbassata finale è di grande spettacolarità, perché avviene in piena corsa e ad essa è legata la competizione tra Sant'Ubaldo e San Giorgio per la chiusura della porta.
REGOLE: esistono alcune regole non scritte, ma irremovibili e severe: l'ordine della corsa è S. Ubaldo, S. Giorgio, S. Antonio.
I Ceri non possono superarsi, se un Cero cade, il Cero o i Ceri che seguono devono aspettare. Il Cero si ferma solo alle soste stabilite. I Ceri devono correre alla massima velocità possibile. L'obiettivo della festa è strettamente legato alla celebrazione del Patrono S. Ubaldo.
Questo è un tributo che anche gli altri due Ceri riconoscono. L'imperativo di ogni ceraiolo è quello di contribuire al successo della corsa e al rispetto delle regole.
Fare una bella figura, evitare pendute, cadute e distacchi, avere una corsa spedita, superare le possibili difficoltà, sono i punti fermi della "filosofia del ceraiolo".

FONTE WEB.

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