(di: Luciana Morelli)
PRIMA PARTE
Correva l’anno 1943, avevo 6 anni e ricordo vagamente il correre
dei pescaresi verso un rifugio sicuro a causa dei bombardamenti.
In un carretto tirato a mano avevamo deposto quelle poche cose, e
quei miseri possedimenti che avevamo, di mia madre e i miei fratelli
più grandi, io la quinta di sei figli...
Certo mio padre non era un granchè d’aiuto, violento e poco propenso
al lavoro, per non dire nullafacente. Ancor oggi a distanza di settan’anni
ricordo le sue violente aggressioni su di noi, ma il soggetto preferito di
mio padre era mia madre...
La mente torna indietro a quell’estate in cui la calura del sole era forte,
ed io ad un angolo della stanza seduta a terra, mangiavo in quella scodella
la mistresta. Bastò un piccolo disappunto che scatenò la furia di mio padre
contro mia madre colpendo il viso di colei che tanto amavo.
Sangue dappertutto, il mio piccolo cuore si fermò di battere e non riuscivo
a mangiare nonostante pochi minuti prima la fame faceva da padrona
su di me... Quello fu un momento difficile e terrificante, perchè l’avrebbe
portata in ospedale solo se avesse simulato una caduta, anche anche se i medici
poco credettero a quella versione .
Questi sono i ricordi di mio padre, ma torniamo a noi ai 30 km da
percorrere per fuggire dalla città bombardata, e quel carretto carico di
cianfrusaglie. Un contadino ci offrì ospitalità sistemandoci alla meglio
sotto un pagliaio.
Arrivò l’inverno tutto mancava, solo il fuoco a nostra disposizione ma
nulla da cucinare, le pulci e pidocchi iniziarono a fare da padroni, e lei
poteva combattere solo questo attacco mettendo i nostri vestiti nel
pentolone per bollire e sterilizzare il tutto...
La fame era tanta e mio padre continuava con il non far nulla,
Mentre mio fratello più grande prese la palla a balzo e con l’arrivo
dei tedeschi incominciò a cucinare per le truppe nelle loro cucine,
aveva appena 14 anni, ma questo ci salvò la vita, fu una manna dal cielo,
tutto ciò che avanzava la sera, dal pane nero che loro adoperavano alla
pecora soffocata da mio fratello, spacciandola per morta di malattia.
Incominciammo a mangiare. Tutto ci sembrava oro!
Mentre mia madre lavava i panni al fiume Pescara per la truppa tedesca,
noi non vedevamo uomini cattivi come dicevano, anzi uno d’essi era
veramente buono, si chiamava Otto...
Ricordo che lasciò da lavare tutti i suoi panni, prima di partire per il
fronte dicendo che li avrebbe presi al ritorno, se fosse tornato altrimenti
lei avrebbe potuto fare quello che le sembrava meglio....
Non tornò mai più... Ce ne rammaricammo tanto non vedendolo arrivare,
ma realisticamente mia madre si dette da fare a rammendare e cucire i
vestiti adattandoli a noi come meglio poteva.
La guerra man mano si allontanava e Pescara veniva sempre meno
bombardata fin quando noi non tornammo nel nostro luogo natio,
o perlomeno quello che ne rimaneva, solo macerie e desolazione...
Cercammo una sistemazione, e la più adatta fu una caserma metà adibita
a soldati e un angolo destinata a noi famiglie. Ci fu assegnata una stalla
con la mangiatoia delle mucche piena di paglia e fieno, e fu una benedizione,
perche’ subito la minuscola donna con le sue mani operose si dette da
fare per farne materassi, mentre per cucinare si adoperava un tre piedi
con un grande pentolone...
Dio sa quanto tempo ci voleva per accendere il fuoco nel cortile... Passò
ancora un anno in quella situazione, e per me incominciò la scuola
elementare a otto anni... Con orgoglio faccio la prima elementare con
una borsetta di stoffa cucita a mano, ma ero così felice di andare,
non avevo quaderni e libri e dovevo attendere Natale affichè il comune
distribuisse i libri ai poveri.
Ma nonostante tutto dimostravo di essere la più brava della classe, ero
assetata di sapere, mi bastava incontrare un foglio un volantino a terra
che rubavo con lo sguardo e mi concentravo nella lettura, ma la mia lettura
non durava a lungo perchè si dovevano spegnere le candele la sera al più
presto per risparmiare quella poca luce fioca che riuscivamo ad ottenere da esse.
La mia scuola durò sino alla terza elementare... Un giorno vedo mia madre
che parlava con la maestra, e le diceva che non sarei andata più a scuola,
perchè oramai sapevo leggere e scrivere.
Non potrò mai più dimenticare le parole dell’insegnate : Signora!! mi sta
togliendo la più brava della classe ed è un peccato mortale...
(Continua)
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